lunedì 19 novembre 2012

Walter Gadda #Opere #Scelte


WALTER GADDA

OPERE SCELTE DAGLI ANNI OTTANTA AD OGGI

IL PERCORSO DELL’ANIMA

Nel presentare le opere scelte di Walter Gadda, dagli anni ottanta ad oggi, balza in evidenza il dualismo propulsivo della sua pittura: da un lato il fascino delle ombre, con l’ambiguità e il tormento del nero, dall’altro la lucentezza dei colori “confezionati” da un io giocherellone, teatrante che distilla sogni.
Già dalle strisce o composizioni di grigio con squarci di luce, di antica memoria, si intuisce il rovello della sua pittura tesa ad allargare orizzonti, a sovvertire gli schemi codificati: c’è in questi lavori un radicalismo di ricerca che coinvolge i sentimenti interiori e che si esprime con pieghe, increspatura del paesaggio dell’anima “groviglio di vivere nostro che nero/ non è per natura ma condizione”, scrive Mario Ramous in “Per via di sguardo”.
Un nero dirompente, dai connotati a volte tragici, simbolo di assenza e negazione, ma che poi assumerà toni farseschi, come di irrisione al funambolismo della realtà: scriveva Adriano Spatola in “La composizione del testo”: “Il ruolo dei colori qui è l’inconsistenza/ l’occasione sospetta di una lezione mentale”.
Già da allora c’è la tensione per uscire dall’uniformità con smalti, carta e polietilene in un processo di reinvenzione della pittura che sia uno spostamento di prospettiva: “dire non dire, dissimulare dicendo, spostare/ il segno, il confine…”, annotava Roberto Sanesi in “Recitazione obbligata”.
Dopo il travaglio sperimentale delle ombre, ricordando un verso di Baudelaire “Vieni, o Bellezza, dal profondo cielo/ o sbuchi dall’abisso?” nei suoi lavori irrompe il presente, con l’assemblaggio di materiali del mondo moderno, come a diventare delle istallazioni: è un percorso dell’anima che si empie di colori e di rifrazioni, di sottintesi e allusioni, quasi in un’incantata ma clawnesca visione della frastagliata contemporaneità.
L’immagine di dilata, assume più significato, si fa fascinosa, s’empie di un magico tumulto: il paesaggio diventa interiore, lo sguardo si spinge verso l’alto, dove volteggiano cieli  geometrici o capitonné, sull’orlo di crinali, ma nel profondo s’acquattano misteriose presenze che lanciano luminosi segnali.
La pittura diventa emozione, ma anche gioco, in una sorta di Slot machine, per usare il titolo di un suo quadro, le ombre si fanno ammiccanti, segnali dei tempi moderni e delle loro contraddizioni: contaminazioni e allusioni di un altro mondo possibile, con nuovi paesaggi trasognati.
Quadri come strutture compositive di emozioni, di sequenze di sogni, una fisicità che diventa dilatazione, tensione verso altro, nella direzione dell’incanto: scriveva Zanzotto in Pasque “No, non certo, sovraesistenze-/ sopravvivenze, sovresporre-/ e la linea spezzata che in ogni suo punto/ si spetra si quieta si svia”.
Con gommapiuma, smalti, olio, polietilene Walter Gadda allestisce trepidi segnali interiori, una sorta di cuscinetti del sogno, dove la realtà, sempre incombente, è depurata dei suoi veleni, per tramutarsi magicamente nei colori dell’incanto, performance di un mondo possibile, dove anche la plastica diventa solidale.
  
MARIO RONDI



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