WALTER GADDA
OPERE SCELTE DAGLI ANNI
OTTANTA AD OGGI
IL PERCORSO DELL’ANIMA
Nel presentare le opere scelte di Walter Gadda, dagli anni
ottanta ad oggi, balza in evidenza il dualismo propulsivo della sua pittura: da
un lato il fascino delle ombre, con l’ambiguità e il tormento del nero,
dall’altro la lucentezza dei colori “confezionati” da un io giocherellone,
teatrante che distilla sogni.
Già dalle strisce o composizioni di grigio con squarci di
luce, di antica memoria, si intuisce il rovello della sua pittura tesa ad
allargare orizzonti, a sovvertire gli schemi codificati: c’è in questi lavori un
radicalismo di ricerca che coinvolge i sentimenti interiori e che si esprime
con pieghe, increspatura del paesaggio dell’anima “groviglio di vivere nostro che nero/ non è per natura ma condizione”,
scrive Mario Ramous in “Per via di sguardo”.
Un nero dirompente, dai connotati a volte tragici, simbolo
di assenza e negazione, ma che poi assumerà toni farseschi, come di irrisione
al funambolismo della realtà: scriveva Adriano Spatola in “La composizione del
testo”: “Il ruolo dei colori qui è
l’inconsistenza/ l’occasione sospetta di una lezione mentale”.
Già da allora c’è la tensione per uscire dall’uniformità con
smalti, carta e polietilene in un processo di reinvenzione della pittura che
sia uno spostamento di prospettiva: “dire
non dire, dissimulare dicendo, spostare/ il segno, il confine…”, annotava
Roberto Sanesi in “Recitazione obbligata”.
Dopo il travaglio sperimentale delle ombre, ricordando un
verso di Baudelaire “Vieni, o Bellezza,
dal profondo cielo/ o sbuchi dall’abisso?” nei suoi lavori irrompe il
presente, con l’assemblaggio di materiali del mondo moderno, come a diventare
delle istallazioni: è un percorso dell’anima che si empie di colori e di
rifrazioni, di sottintesi e allusioni, quasi in un’incantata ma clawnesca visione
della frastagliata contemporaneità.
L’immagine di dilata, assume più significato, si fa
fascinosa, s’empie di un magico tumulto: il paesaggio diventa interiore, lo
sguardo si spinge verso l’alto, dove volteggiano cieli geometrici o capitonné, sull’orlo di crinali,
ma nel profondo s’acquattano misteriose presenze che lanciano luminosi segnali.
La pittura diventa emozione, ma anche gioco, in una sorta di
Slot machine, per usare il titolo di
un suo quadro, le ombre si fanno
ammiccanti, segnali dei tempi moderni e delle loro contraddizioni:
contaminazioni e allusioni di un altro mondo possibile, con nuovi paesaggi
trasognati.
Quadri come strutture compositive di emozioni, di sequenze
di sogni, una fisicità che diventa dilatazione, tensione verso altro, nella
direzione dell’incanto: scriveva Zanzotto in Pasque “No, non certo, sovraesistenze-/ sopravvivenze, sovresporre-/ e la linea
spezzata che in ogni suo punto/ si spetra si quieta si svia”.
Con gommapiuma, smalti, olio, polietilene Walter Gadda
allestisce trepidi segnali interiori, una sorta di cuscinetti del sogno, dove
la realtà, sempre incombente, è depurata dei suoi veleni, per tramutarsi
magicamente nei colori dell’incanto, performance di un mondo possibile, dove
anche la plastica diventa solidale.
MARIO RONDI
Nessun commento:
Posta un commento